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Cosa sono le AMP Stories di Google?

In questo periodo Facebook sta penalizzando molti gli editori e Google ha deciso di approfittare del momento non proprio positivo per loro, per offrire un nuovo strumento, le AMP Stories.

Il nome fa subito pensare alle storie di Snapchat e Instagram, ma in realtà non è proprio la stessa cosa, anche se ci sono moltissime similitudini.

Attualmente è solo in fase di test, si tratta di un modo diverso di raccontare le immagini e i testi brevi, anche se l’idea di base non è nuova, Google potrebbe realizzare un qualcosa che si differenzia da tutte le altre piattaforme.

Cosa sono le Amp Stories?

Comprendere il significato delle AMP Stories è abbastanza semplice, basta focalizzarsi sulle singole parole per immaginare le linee guida di questo nuovo formato.

Il termine Stories è ormai molto famoso tra gli utenti di internet, si tratta di contenuti brevi composti da video, foto, adesivi e testi, l’inventore è stato Snapchat, poi Facebook ha deciso di adottarlo, importandolo anche su Instagram.

Le Storie di Instagram sono quelle che più hanno avuto successo sul web, sono milioni gli utenti che ogni giorno postano contenuti che durano 24 ore e poi scompaiano.

La seconda parola è “AMP” che l’acronimo di Accelerated mobile Pages, ovvero, Pagine Mobile accelerate, ma di cosa si tratta?

È uno standard pensato per gli smartphone che permette di visualizzare contenuti velocemente e con leggerezza, un po’ come gli Instant Articles di Facebook.

Come funzionano le AMP Stories?

Le AMP Stories sono un sistema molto agile per visualizzare contenuti a tutto schermo su smartphone, molti simile agli omologhi prodotti da Instagram, Facebook e Snapchat ma con delle differenze sostanziali.

Per cambiare Storia o proseguire la lettura dello stesso contenuto, Google sceglie il “tap”, per andare avanti non si scorre il dito verso destra o sinistra, ma si pigia.

Ancora non si sa se i contenuti delle AMP Stories saranno contenuti stabili e rintracciabili, oppure, si perderanno dopo un po’ di tempo. Inoltre, almeno per ora non sarà possibile integrare pubblicità.

Sappiamo che Google non è un social network e non ha intenzione di diventarlo, le AMP Stories non saranno aperte a chiunque, ma verranno messe a disposizione di coloro che producono contenuti informativi per professione, come gli editori.

Infatti, nella fase iniziale di sviluppo hanno trovato coinvolgimenti grandi nomi dell’editoria come: Vox Media, Condè Nast, Meredith Corp, Cnn, The Washington Post, per cui le AMP Stories potrebbero attirare gli utenti che seguono queste testate su altri social network.

Lo standard AMP è open Source, per cui tutti hanno la liberà ti produrre Stories ma bisogna capire come indicizzarle sui motori di ricerca.

Attualmente gli AMP Stories di Google funzionano in questo modo: dopo aver effettuato l’accesso a Google si inserisci nella barra bianca il nome dell’editore (Vox, CNN, ect…), i risultati, oltre alle solite notizie, includeranno anche un carosello di AMP Stories.

Il peso delle Amp Stories dipende proprio dall'integrazione con il motore di ricerca. La versione attuale funziona così: si accede a Google e si inserisce nella solita barra bianca il nome dell'editore (ad esempio Vox, Cnn, Washington Post). I risultati, oltre ai classici indirizzi e alle notizie, includeranno un carosello di Amp Stories. Per aprirle basta un semplice tap.

Ancora non è chiaro se la ricerca sarà sempre effettuata per editore o anche per argomento, ma in ogni caso l’utilizzo degli AMP Stories potrebbe moltiplicarsi e diffondersi in poco tempo, per il momento non resta che aspettare il lancio ufficiale per tutti da parte di Big G.

Come Google sta dando più visibilità di Facebook agli editori

Come abbiamo accennato, Facebook ha aggiornato diverse volte il proprio algoritmo andando a togliere visibilità agli editori per dare priorità al post di amici e familiari.

Gli editori hanno deciso di iscriversi in massa al formato editoriale di Google lanciato nel 2015 conosciuto come AMP, i contenuti vengono ospitati direttamente sui server di Big G in modo che si caricano molto velocemente dagli dispositivi mobili.

Stando a Google, sono ben 31 milioni i siti web che utilizzano AMP con una crescita del 25% dallo scorso ottobre, la scelta di questo formato ha impedito a tantissimi di abbondonare le ricerche, portando anche a un aumento del traffico verso i siti web.

Mentre Google ha un aumento, Facebook ha ridotto la portata, con 200 milioni di pagine viste in meno, circa il 20%, se si includono i pc, il divario è molto più ampio.

Il motore di ricerca raggiunge 530 milioni di pagine mentre Facebook, utilizzato soprattutto da smartphone, arriva a 70 milioni.

A cambiare la sorte di molti editori potrebbero essere proprio Google grazie al suo formato editoriale, che permette di ottenere più traffico e anche più pubblicità.

Le pagine accelerate funzionano al punto che Google ha deciso di utilizzarle anche sulle Stories di cui abbiamo parlato nei primi paragrafi, permettendo una visualizzazione più rapida da smartphone.

Facebook è destinato ad essere dimenticato dagli editori?

Non ci sono dubbi sul fatto che le ultime politiche di Facebook hanno allontanato tantissimi editori che si sono visti ridurre al minimo la visibilità, le percentuali di visualizzazioni sembrano essere in continuo calo e questo potrebbe provocare un abbondono dalla piattaforma di coloro che la utilizzano per il business.

Inoltre, non è detto che Facebook rifletta su questo andamento e magari pensi di ritornare sui propri passi o addirittura studiare una soluzione personalizzata per le pagine e le aziende che fanno business, non solo attraverso i post sponsorizzati e l’account Business di Facebook, ma con uno strumento gratuito alla portata di tutti.

Leggi anche: Facebook algoritmo 2018, più spazio a post di amici e parenti, cosa cambia per gli editori?

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